Di prodigi ne abbiamo visti tanti in questa seconda spedizione a Zanzibar; molte persone mi hanno chiesto di metterli per iscritto perché dai miei fugaci racconti hanno compreso la profondità degli accadimenti avvenuti. Proverò a farlo partendo dalla fine, dalle sensazioni provate sul pulmino che all’alba di un nuovo giorno, sull’Oceano Indiano, ci portava all’aeroporto, strappandoci inesorabilmente da un sogno comune che i nostri cuori avevano da sempre condiviso all’unisono. Per me era la seconda spedizione Osteopatica in questa magnifica terra e quindi non partivo completamente neutro, avevo delle aspettative e dei timori. Portavo allievi nuovi, più giovani, il gruppo di febbraio aveva lavorato magnificamente e nuove sfide ci attendevano nell’ospedale principale dell’isola.

Il viaggio di febbraio mi aveva sicuramente cambiato, parte del mio cuore era rimasto con i bimbi della Donnino’s family school e non sapevo come l’avrei ritrovato. Non vedevo l’ora di riabbracciare Marco, fondatore di ZanzibarHelp e Fauzia il suo dolce angelo Zanzibarino ed ero ansioso di rimettere piede nella scuola e di vedere se il lavoro fatto a febbraio fosse realmente servito a qualcosa. A poco a poco tutti questi pensieri si sono sciolti nei colori e negli odori dell’isola. “Akuna Matata”, il mio cuore ripeteva al mio cervello, nessun problema. “Pole pole”, piano piano tutto è tornato al proprio posto e la mia natura Africana è riemersa ed è riemersa in tutti noi, magnifici 7. Sette persone messe al Servizio dalla Marea, per questa gente “Qui ed Ora”.

La cosa alla quale non ero assolutamente preparato e che mi ha sopraffatto il cuore è stato vedere, toccare, sentire il cambiamento dei bimbi trattati a febbraio. In più di venticinque anni di pratica Osteopatica non avevo mai assistito a trasformazioni cosi importanti in cosi pochi mesi, dopo un trattamento; e allora ho compreso il perché di tutto questo movimento verso questa terra cosi bisognosa e cosi generosa allo stesso tempo. L’Osteopatia prova la sua validità sul campo, non nei libri o nella teoria; mai questo principio è stato più chiaro alla mia mente.

Mentre mi allontanavo dal nostro magnifico hotel, che ci aspettava ogni sera dopo il lavoro, anche estenuante, con la sua oasi di pace, di bellezza e di cortesia, ripensavo all’avventura dI Tumbatu. Tumbatu è un’isola lunga e sottile, verdissima, circondata da sabbia bianchissima che si ritrova ad essere palude nella bassa marea e che costringe i pochi viaggiatori a lunghe camminate su fondi melmosi per raggiungere le lance colorate dei pescatori.

Tumbatu non consente visite turistiche, è un’isola dalla cultura particolare, ultra islamica ma con profonde radici animiste. La medicina occidentale qui praticamente non esiste e non è facile avere informazioni dagli abitanti, estremamente riservati e quasi ostili a chi non è dell’isola.

Il governatore del nord di Zanzibar viaggiava con noi: era un giorno storico, eravamo una delle prime delegazioni sanitarie che provava a lavorare sull’isola. I sindaci dei due villaggi dell’isola avrebbero dovuto accoglierci al nostro arrivo ma non si sono fatti vedere, estremo segno di diffidenza e di diniego verso il nostro mondo occidentale distruttore. Abbiamo però avuto il permesso di installarci in un ambulatorio fatiscente, abbandonato da tempo. Vecchi poster alle pareti indicavano il tentativo dell’Unicef di lavorare sull’isola ma chissà per quali fini e per quali campagne sanitarie. In pochi minuti, nonostante la diffidenza, il cortile antistante l’ambulatorio si era riempito di donne in vestiti colorati, anziani e di decine di bimbi curiosi che spuntavano da ogni fessura per sbirciare con i loro occhi luminosi. Abbiamo fatto quello che abbiamo potuto per loro, in quelle poche ore di ambulatorio, ma abbiamo la certezza di poter tornare come i benvenuti la prossima volta: il velo di diffidenza si è rotto le nostre mani si sono incontrate con i loro cuori puri e autentici; qualcosa di bello è cominciato.

 

Ripenso allora ad un altro ostacolo affrontato al Global Hospital di Stone Town e il cuore si riempie di gratitudine. Medici, ostetriche, infermieri, fisioterapisti hanno accolto il workshop proposto sull’Osteopatia con molta curiosità ma tanta diffidenza. Quello che avevano letto, che sapevano a proposito dell’Osteopatia prima della conferenza non corrispondeva a ciò che abbiamo proposto loro. Trovare la Salute, permettere alle forze esterne di produrre un processo terapeutico nelle funzioni del corpo, cogliere l’interezza dell’organismo, l’unità tra tessuti, fluidi e potenza. Tutto questo li ha illuminati, magicamente la scintilla accesa da Still si è vista splendere nei loro occhi ed è stato bellissimo per tutti noi guidare le loro mani ad un nuovo ascolto. Permettergli di utilizzare nella pratica medica la loro innata relazione con la Natura ed il Divino è stato esaltante per noi, studenti eterni delle leggi naturali e sovrannaturali.

Con tutto questo carico nel cuore ora siedo in uno stretto sedile a Mombasa, aspettando il decollo. Sono felice di ritornare qui ad agosto, e sono ancora più felice di aver organizzato un’altra spedizione che partirà tra meno di un mese con fedeli colleghi che sono certo espanderanno ciò che abbiamo iniziato.

La Marea ci spinge in questa direzione e il nostro amato maestro sarebbe certamente felice di veder applicato il suo lavoro nella terra che ha forgiato il suo più grande ispiratore, lo scrittore SudAfricano Laurens van der Post.

Loving Hands è una realtà che può attuarsi solo grazie all’impegno dei nostri allievi che preghiamo di scendere in campo per organizzare le prossime spedizioni, i bambini di ZanzibarHelp vi aspettano.

Roberto Guglielmi D.O.